APPUNTAMENTO AL CINEMA: Frankeistein

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Recensione ed Eventi/Cinema 
A cura di Vittorio De Agrò
Il biglietto d’acquistare per “Frankeistein” è: 1) Neanche regalato
 “Frankenstein” è un film del 2016 scritto, diretto da Bernand Rose, con Xavier Samuel, Carrie-Anne Moos e Danny Huston. Che cosa significa essere un mostro? Chi sono i mostri oggi?Chi decide cosa è bello o brutto in questo mondo? L’uomo pur credendo sempre in Dio si sforza di emularlo. La scienza è alla costanza ricerca della formula giusta per dare la vita ritenendo che l’anima non sia la scintilla divina nell’uomo. Il progresso sembra voler ignorare cosa sia la compassione e l’umanità. Sono questi temi che non conoscono scadenza e nel corso dei secoli tutti gli uomini di scienza si posti sfidando Madre Natura. Il racconto cult di Mary Shelley sulla folle sfida del Dottor Frankeistein di sconfiggere la morte ha sempre suscitato un grande interesse e fascino nel mondo del cinema. Lo spettatore ha così assistito a versioni più o meno convincenti della storia, dimostrando sempre la forza narrativa del racconto della Shelley. Questa nuova trasposizione moderna scritta e diretta da Rose, aveva delle premesse interessanti, volendo mettere al centro della storia, la prospettiva del Mostro (Samuel) e di trasmettere al pubblico cosa provasse e pensasse la creatura, vittima della follia dello scienziato, e costretta a difendersi da un mondo che si basa solo sulla mera apparenza. Una versione moderna in cui è presente anche Elisabeth Frankeistein (Moss), moglie dello scienziato, che nelle intenzioni dell’autrice avrebbe dovuto rappresentare il sacro legame s tra madre e figlio. Sì, perché il mostro non è altro che un bambino ingenuo imprigionato in un corpo di un adulto e bisogno di amore e protezione. E quando però si scopre difettoso, è deciso invece di sopprimerlo senza alcuna pietà. Il Mostro fugge solo e spaventato, trovandosi in un mondo dove i veri mostri sono gli uomini capaci di odiare e allontanare chiunque sia diverso, senza essere capace di andare oltre le apparenze. Le criticità della pellicola risiedono nel suo sviluppo narrativo e poi registico fin da subito lenti, opachi e forzati senza riuscire dare profondità e forza alla storia. La messa in scena è caotica, statica, e angosciosa privando lo spettatore di un vero pathos narrativo. Nonostante l’impegno e la volontà, Xavier Samuel non ha il talento ed esperienza per reggere sulle sue spalle il peso dell’intero, essendo sulla scena troppo spesso spaesato e poco credibile non riuscendo a creare un ponte emotivo con lo spettatore. Il finale, anche se eccessivamente allegorico e forzato, è il momento più riuscito e convincente del film, regalando una scossa al pubblico e invitandolo a chiedersi se oggi ne mondo ci sia spazio per qualche forma di “pietas”cristiana.