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Recensioni /Eventi: La Terra dell’Abbastanza

A cura di Vittorio De Agrò

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Il biglietto d’acquistare per “La Terra dell’Abbastanza” è : Sempre

“La Terra dell’Abbastanza” è un film del 2018 scritto e diretto da Damiano e Fabio D’Innocenzo, con : Andrea Carpenzano, Matteo Olivetti, Milena Mancini, Max Tortora, Luca Zingaretti.

Sinossi:
Il film racconta di Mirko e Manolo due bravi ragazzi della periferia di Roma, fino al momento in cui guidando a tarda notte investono un uomo e decidono di scappare. La tragedia si trasforma in un apparente colpo di fortuna: l’uomo che hanno ucciso è un pentito di un clan criminale di zona e facendolo fuori i due giovani si sono guadagnati un ruolo, il rispetto e il denaro che non hanno mai avuto. Fabio e Damiano D’Innocenzo hanno voluto raccontare com’è facile assuefarsi al male: “I due ragazzi protagonisti uccidono involontariamente un uomo e scelgono la via più facile, quella del silenzio, ma i fantasmi di quest’evento non gli lasciano tregua – hanno spiegato i registi, alla loro prima esperienza cinematografica -. Così cominciano a corazzarsi dai sensi di colpa. Credono sia più facile accumulare ulteriore carico di disumanizzazione invece che ripulirsi da quanto è accaduto. Al punto da non sentire più niente, coscienza compresa”.
Recensione:
Sono le scelte che prendiamo, quotidianamente, a definirci come persona? O è l’ambiente in cui siamo nati e dove magari siamo costretti a vivere che non ci lascia spazio e modo per una libera e responsabile scelta?
Il libero arbitrio è un dono (divino per chi è credente) o non è altro che la prova più dura e difficile che ogni uomo deve essere capace di superare e vincere per definirsi una persona perbene?
Quanto è abbastanza per potersi sentire realizzati e felici nella vita? E’ giusto farci “imporre” i parametri dell’abbastanza e condizionare l’esistenza da questa controversa e malsana società?
No, caro lettore, non mi sono svegliato stamani nella “modalità nichilista” o peggio ancora pessimista, ma queste domande rappresentano la mia personale reazione/riflessione e probabilmente la tua al termine della proiezione del film “La Terra dell’abbastanza” dei fratelli D’Innocenzo.
“La Terra dell’Abbastanza” degli assoluti esordienti Damiano e Fabio D’Innocenzo è un accecante ed inaspettato lampo di luce creativa, drammaturgica e registica nello sterile e monotono panorama cinematografico italiano.
Arriva finalmente nelle sale italiane,grazie all’Adler Distribuzione ed al coraggioso e lungimirante intuito della Pepito Produzioni, la pellicola dei due fratelli romani che ha conquistato il pubblico ed i favori della critica internazionale all’ultimo Festival di Berlino.
“La Terra dell’Abbastanza” non è, come potrebbe apparire, “la solita” ed ormai” classica” storia di violenza e perdizione della periferia romana. Quanto piuttosto la storia “universale” di una generazione che nella smania d’ottenere “tutto e subito”, il più delle volte sceglie la strada più breve e fatalmente sbagliata.
“La Terra dell’Abbastanza” potrebbe in parte rievocare nello spettatore dal punto di vista ambientale e narrativo altri due celebri film di genere :“Non Essere Cattivo” ed il primo “Trainspotting”.
“La Terra dell’Abbastanza” è la storia di due ragazzi romani Manolo ( Carperzano) e Mirko( Olivetti), amici fraterni e studenti svogliati dell’Istituto Alberghiero, che si trovano irresponsabilmente a vivere una versione tragica e dark del celebre film inglese “Sliding Doors”, ambientata nel quartiere Tor di Nona di Roma.

Manolo e Mirko fuggono via dopo aver investito mortalmente un uomo al rientro da una serata di lavoro.
I due ragazzi spaventati chiedono aiuto e consiglio a Danilo (Tortora), padre nullafacente di Manolo, piuttosto che consegnarsi alla polizia.
Un omicidio stradale che si tramuta improvvisamente nell’occasione, almeno agli occhi di Danilo, avendo scoperto che l’uomo ucciso era “un infame”, di poter entrare nelle grazie del clan locale guidato dal boss Angelo (Zingaretti) potendo così “svoltare” socialmente.
Manolo e Mirko si “buttano” follemente felici in questa nuova vita, diventando i sicari del clan, arrivando a pensare che quell’incidente stradale sia stata una “vera benedizione” per loro.

Lo spettatore segue l’inarrestabile discesa agli inferni dei due ragazzi, attraverso la prospettiva di Manolo e come sia l’unico dei due sfiorato da una vaga crisi di coscienza ed briciolo di consapevolezza delle loro crescenti e violente azioni criminali.
Manolo ha avuto ed ha come modello di vita e comportamento suo padre Danilo, dedito a trascorrere le proprie giornate al bar, ed in qualche modo trova “normale” e “stimolante” il cambio di vita.
Mirko, sebbene cresciuto dalla dignitosa ed onesta madre Alessia (Mancini), e nonostante un rapporto affettuoso e quasi simbiotico, imputa alla seconda, la precaria e travagliata situazione sentimentale con il suo nuovo compagno, da cui ha avuto una figlia.
Manolo e Mirko sono due cani sciolti, abbandonati e convinti di poter sopravvivere dentro un branco di lupi.
“La terra dell’Abbastanza” si rivela il racconto di una doppia tragedia familiare, in cui le figure genitoriali, anche se con sfumature e modalità diverse, sono direttamente responsabili della tragica fine dei rispettivi figli.
“La Terra dell’Abbastanza” presenta un impianto drammaturgico, uno stile registico e livello recitativo più di respiro teatrale, ma mai come in questo caso nell’accezione più positiva possibile, per merito del talento, lucidità e creativita” dei due autori e della bravura dell’intero cast artistico dove emergono le intense e convincenti performance di Max Tortora e Milena Mancini, costruite sull’esperienza, fisicità e sui silenzi più che dalle parole.
“La terra dell’Abbastanza” ha un finale cupo e tragico ben diverso dall’originale e romantico “Sliding Doors”, ma egualmente coinvolgente ed emozionante per lo spettatore. Ricevendo inoltre l’insegnamento, si spera, più importante: sapersi accontentare di ciò che si ha, vivendo dignitosamente e soprattutto onestamente.