CINEMA
A cura di Federica Rizzo
1940: le truppe tedesche invadono il Belgio e subito dopo la Francia, mettendo in allarme la Gran Bretagna, con il Parlamento che spinge alle dimissioni il Primo ministro in carica Neville Charmberlain (Ronald Pickup). Il successore prescelto sarebbe il visconte Halifax (Stephen Dillane), che però rifiuta l’incarico, a questo punto assegnato senza troppa convinzione Winston Churchill (Gary Oldman), l’unico politico di peso ben accetto anche dall’opposizione. L’ora più buia racconta quel momento cruciale concentrandosi su un periodo storico limitato della storia inglese. I fatti narrati vanno dal 10 maggio al 4 giugno dello stesso anno, periodo durante il quale contro ogni probabilità Winston Churchill si trasforma nello statista che tutti ricordano ancora oggi.
Il britannico Joe Wright affronta di petto una delle figure più carismatiche ed emblematiche della storia inglese in un biopic serrato e avvolgente, che restituisce tutte le anime di Churchill e la sua complessità di uomo e di statista. Con stile appassionante ma anche con una misura stilistica che trasuda classicità da ogni poro, Wright si sofferma sulle manovre politiche che investirono Churchill in prima persona, sul dietro le quinte del suo incessante lavoro di mediatore e pacificatore. Lo script di McCarten sembra uscito da un manuale di sceneggiatura degli anni ’50, con un impianto teatrale che procede per quadri, quasi sempre in interni, assecondando la retorica dell’ora più buia e dello scontro delle idee. Ogni performance teatrale che si rispetti ha il suo primo attore, e quello de L’ora più buia lo ritrova nel corpo e nell’anima di Gary Oldman. L’attore inglese si sveste del proprio essere per abbracciare quello di Churchill; eppure, dietro quel lavoro certosino sulla voce, sulla camminata, su ogni minimo movimento, ma soprattutto, dietro quell’immenso lavoro di trucco e protesi, atto a reduplicare la figura ingombrante di un personaggio così iconico, non si nasconde una maschera caricaturale, ma l’anima artistica e talentuosa più viva di Oldman.
L’ora più buia riesce nel piccolo miracolo di accendere un’appassionata scintilla anche in un plot che si snoda in interni polverosi, in sale piene di ombre, o in un vagone della metro londinese mal illuminata in cui Churchill incontra il popolo inglese e la sua volontà di combattere e non arrendersi. Il dramma dell’uomo, il suo senso di solitudine, il cozzare dell’ambizione e della durezza della politica convivono con il respiro più ampio il film non perde mai, evitando la retorica nazionalistica e mixandola alle note del thriller.
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