Circolo Bohemien
A cura di Salvo Cavallaro
Il Circolo Bohemién, vetrina della Rivista Nuove Edizioni Bohemien, ha organizzato ieri 20 novembre 2015, presso la sala conferenze dell’ex Angolo di Paradiso di Acireale, la presentazione del libro della prof.ssa Nella Leone “Oltre i silenzi del vuoto – Coscienza operante contro disagio, devianza, carcere e dopo”.
A fare gli onori di casa il presidente del Circolo la giornalista e scrittrice M. Cristina Torrisi la quale ha spiegato il messaggio del libro, rivolto a tutti noi, per superare il serpeggiante senso di indifferenza che ci ricorda, poiché il carcere non è affatto cosa lontana da noi, ma anzi è parte niente affatto marginale della nostra società.
La Torrisi ha sottolineato l’importanza di porre l’attenzione sulla risocializzazione dei carcerati e sugli strumenti messi a disposizione dalla comunità civile.
Alla presentazione ha preso parte attiva anche la dott.ssa Maria Pia Fontana che ha inquadrato il problema fornendo alcuni dati sulle condizioni delle carceri in Italia in generale e sulla situazione del carcere minorile nello specifico, su cui riflettere: ““L’anomalia del nostro sistema è che per i minori ci sono le stesse regole carcerarie che vigono per gli adulti, mentre il giudice chiamato a decidere e le leggi applicate per il procedimento penale sono diversi. In Italia sono presenti 16 carceri minori, un quarto dei quali in Sicilia e due nella nostra zona. Non possiamo, dunque, girare lo sguardo da un’altra parte ma dobbiamo chiederci perché il 68,5% di coloro che escono dal carcere dopo aver scontato la propria pena torna a delinquere”.
E’ stato sottolineato come l’ambiente carcerario sia alienante così da scatenare malessere non solo per i carcerati, ma anche per gli operatori. Questo perché il problema sociale è sempre più trascurato dalle politiche pubbliche.
La dott.ssa Fontana ha evidenziato che: “Il carcere, così come è adesso, non funziona, disattendendo il dettame costituzionale che vuole il carcere come luogo di rieducazione; è importante però portare fuori la testimonianza che una vita diversa è possibile. Una pena percepita dal condannato come ingiusta incattivisce e imbruttisce”.
Allora sono altre le vie per fare in modo che il sistemi funzioni, occorrerebbe una giustizia “riparativa” diversa da quella “retributiva” o di quella “rieducativa”. In Italia, però, non riesce a prendere piede questo modello. Pochissimi gli esempi come il famoso carcere di Bollate dove il lavoro fa funzionare il sistema.
Il problema però è che sempre più le politiche pubbliche tagliano i fondi alle cooperative che gestiscono il lavoro in carcere, rendendo il sistema inadeguato. L’Uomo della condanna deve essere distinto dall’uomo della pena, con delle regole certe e uguali per tutte le realtà carcerarie.
Il libro della professoressa Leone nasce in seguito all’esperienza di docente di lingua in alcune realtà carcerarie. La stessa ha evidenziato come “la gente scelga di studiare nonostante l’indifferenza regni sovrana come una bestia aberrante; nel carcere vi è una sperequazione forte tra il numero della popolazione accolta e i posti disponibili”. L’Italia è stata più volte richiamata dalla Corte sui diritti umani di Stasburgo per le condizioni inumane delle nostre carceri, dovute soprattutto al sovraffollamento, allo scarso numero di agenti ed alle condizioni fatiscenti delle carceri.
Il problema fondamentale è quello di mettere in relazione il terzo comma dell’art.27 della nostra Costituzione (le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato) e pene detentive come l’ergastolo ostativo che non prevedono la fine della pena e il divieto di accesso a benefici e a misure alternative al carcere sono vietate.
La soluzione sarebbe l’introduzione di un sistema che faccia leva su cultura, contatto sociale e lavoro. Solo così si può percorrere la via per la risocializzazione e per creare in questo modo nuovi e migliori cittadini.
Il tema ha suscitato l’interesse del pubblico presente trasformando così la presentazione in un vero e proprio dibattito dove ognuno ha potuto portare la propria esperienza.
Dal dibattito è emerso come sia importante non dimenticare le vittime dei reati commessi e fare in modo che la società tutta migliori, così da evitare in primo luogo l’ingresso in carcere e successivamente puntare alla eventuale migliore risocializzazione del detenuto che dovrà poi essere pronto al reinserimento nel tessuto sociale.
Per chi fosse interessato al libro, contatti la redazione del giornale inviando la seguente e mail a: redazione@nuoveedizionibohemien.it
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