Recensioni ed Eventi
A cura di Ludovico Anastasi
Ogni libro ha una sua caratteristica, un suo animo, un suo perché.
Cristina è riuscita a coniugare questi tre elementi con grande coraggio, mettendosi a nudo, svelando il suo dolore esistenziale, cercando di capirne le origini, colpevolizzandosi, a volte, per le sue fragilità, per gli urti con il mondo esterno che nelle sue prime decadi di vita aveva vissuto con la grazia dell’innocenza interiore. Poi qualcosa è cambiato: il mondo, gretto, spietato, le presentava i conti. Dire che il romanzo di Cristina è bello è dir poco. Stile gotico o noir non importa. E’ il suo: elegante, affascinante. Salta dal passato al presente e viceversa, con estrema facilità.
Bella la distinzione tra la voglia di mettersi in pantofole davanti alla TV, per ritrovarsi, invece, davanti ad un tenebroso castello che mette i brividi.
Anche Acireale sorge dalle sue segretezze: stupenda la descrizione della salita di San Biagio. Il lettore attento viene coinvolto dalle paure dell’autrice.
L’atmosfera che si respira è sublimata dall’inquietudine. Cristina ama l’amore: ne è affamata. E ne soffre nella sua pura visione della vita. Afferma il sacerdote francese, filosofo e psicanalista, Maurice Bellet, che la gente ha bisogno d’amore. E’ la cosa più semplice del mondo, ma è di una semplicità tremenda, perché l’amore non sappiamo cosa sia. Ma, nonostante tutto, Cristina sta raggiungendo la sua catarsi.
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