A San Giovanni Bosco presentato “Disperso”

IMG_20230128_190005

Per non dimenticare…

A cura di Maria Cristina Torrisi

maria-cristina-torrisi (1)

La memoria che rivive, tra ricordi e frammenti di storia, testimoniando il vissuto di un uomo: Giuseppe Belfiore. Egli è l’indiscusso protagonista del libro “Disperso”, il nuovo lavoro del prof. Antonino Leotta, presentato ieri, sabato 28 gennaio, nel salone-teatro “Vittoria” (parrocchia Beata Maria Vergine Aiuto dei Cristiani) della frazione S. Giovanni Bosco di Acireale.

disperso-9791221018837

Ma chi è “il disperso”? A questa domanda ha risposto l’autore:
<<Era un giovane, cresciuto fino ai suoi 28 anni nella frazione del Comune di Acireale detta “Cchianata ‘o Sorbu” (oggi San Giovanni Bosco), chiamato per il servizio militare e spedito in Russia nell’ottobre 1942, poi risultato disperso>>.
Intorno al microcosmo di Giuseppe ruota il macrocosmo della “Storia”.
<<La “Campagna di Russia”, che per i Tedeschi aveva il nome in codice “Operazione Barbarossa” – ha spiegato Antonino Leotta– era iniziata il 22 giugno del 1941. Gli italiani furono impegnati verso il secondo obiettivo: la conquista di Stalingrado (poi, Volgograd), ma vennero fermati sulle rive del Don. Iniziò una precipitosa ritirata che si concluse definitivamente con la Battaglia di Nikolaevka (oggi periferia di Livenka) martedì 26 gennaio 1943. Esattamente 80 anni fa. Gli italiani, in quella triste vicenda, contarono circa centomila tra morti e dispersi, trentamila tra feriti e congelati, sessantamila prigionieri … Dalle statistiche ufficiali risultano “Dispersi” in Russia 70.275 italiani. Tra questi, Giuseppe Belfiore nato in Acireale il 29 settembre 1914. La madre Maria Musmeci e il padre Sarino Belfiore, assieme ad altri due figli e ad altre quattro figlie e assieme ad amici e conoscenti della ridente borgata, aspettarono a lungo il suo ritorno. Oggi, milioni di persone aspettano la fine di tutte le guerre>>.

IMG_20230128_185715

A presentare il volume, Don Carmelo Raspa, il quale ha così affermato: << La memoria che diviene pressante appello per il presente a non ripetere le atrocità del passato. In linea con la giornata della memoria, celebrata ieri, la presentazione del libro di Antonino Leotta, Disperso, si colloca nel coro di voci che insistono sulla necessità di ricordare perché il male di ieri non abbia a ripetersi. Eppure, come lo stesso annota a più riprese nel testo, l’uomo sembra non apprendere: e tanti innocenti continuano oggi a morire per la sete di potere di pochi. Non si tratta di un male banale, ma di uno voluto e perseguito, quello che spegne la vita di diverse persone, com’è accaduto a Giuseppe Belfiore, figlio di questa frazione abitata da persone tenaci, forti del loro attaccamento alla terra, che sanno far fiorire, in un alito mai spento di speranza e di vita>>.

IMG_20230128_185840

IMG_20230128_185852
<<I venti della guerra non risparmiarono nemmeno A ’Scura – ha detto Antonino Leotta-: se duro era stato il tempo della distanza di Sarino, migrante in Argentina, dolorosa fu la chiamata alle armi di Giuseppe allo scoppio del secondo conflitto mondiale. Ma il giovane sembra più preoccupato della sua terra: una sapienza che, con semplicità, giudica l’inutilità della guerra, restando ancorati a ciò che davvero vale>>.

La campagna di Russia, come quella in Africa, fu un autentico disastro: e non soltanto per la mancata vittoria. Famiglie separate, come Giuseppe e il cognato, l’uno al fronte russo, l’altro ad Algeri. Dall’entusiasta ammirazione delle vaste terre della Russia alla gioia dell’essere giunti a destinazione, Giuseppe appare un uomo curioso, avido di conoscere, ma sempre legato all’amore per la terra: nella seconda cartolina è preoccupato della vendemmia, mentre nella quarta vi è la rassegnazione di chi non può far altro che obbedire forzatamente alle decisioni insane di chi ha deciso la guerra. Il tono delle cartoline di Giuseppe è sempre pacato: la nostalgia non cede alla tristezza. Giuseppe si dà forza riandando con la mente ai suoi luoghi e cerca di non far preoccupare i suoi.

<<Guadagnare la vita: le ultime parole scritte di Giuseppe sembrano quasi un testamento – ha commentato don Carmelo Raspa -. Si trattava, certo, di salvarsi dagli orrori della guerra e dalle rigidità del freddo russo. Ma le parole significano oltre il loro senso ovvio: quella vita per sempre Giuseppe la raggiunge nell’anonimato dei campi russi, da lui guardati con ammirazione e con prospettiva, e si deposita come seme nel terreno di questa chiesa parrocchiale e in quello della prima scuola della frazione di S. Giovanni Bosco>>.

IMG_20230128_185924

IMG_20230128_190005

IMG_20230128_185800

Un pubblico partecipato e pienamente coinvolto ha reso la presentazione ricca di contenuti e spunti di riflessione. L’evento ha inoltre visto le presenze del vice sindaco Palmina Fraschilla e dell’assessore Mario Di Prima.
Un altro interessante intervento è stato quello del signor Andrea Maugeri che ha raccolto la testimonianza di un suo parente: l’atto di morte, risalente al 10 ottobre del 1942, del fante Tornatore Giuseppe, figlio di Giuseppe e Tomarchio Maria.

IMG_20230128_194528

IMG_20230128_190534
La conclusione della presentazione è spettata all’autore del libro che si è fatto voce delle madri dei dispersi e dei morti in guerra: <<La pace è la nostra casa>> – ha concluso Antonino Leotta.