PER NON DIMENTICARE…
A cura di Carmen Coco
La Giornata Internazionale della Donna viene celebrata in molti Paesi del mondo l’8 Marzo, fin dal 1977. In questa giornata vengono celebrate le conquiste di tutte le donne, senza tener conto delle divisioni, siano esse nazionali, etniche, linguistiche, culturali, economiche o politiche.
Negli anni, questa Giornata Internazionale della Donna ha assunto una nuova dimensione globale sia per le donne dei Paesi sviluppati e sia per quelle in via di sviluppo.
Il crescente movimento internazionale delle donne, rafforzato da quattro conferenze mondiali delle Nazioni Unite sulle donne, ha contribuito a rendere la commemorazione un punto di raccolta per costruire il sostegno ai diritti e alla partecipazione delle donne nell’arena politica ed economica.
Quella che è stata lungamente denominata “Festa della donna”, anno dopo anno, ha decisamente perso, negli ultimi venti anni, la connotazione di festa.
Vi fu un tempo di conquiste ottenute in seguito a battaglie sostenute dalle donne.
Italia:1946 diritto al voto, 1963 accesso agli impieghi pubblici, 1968
abrogazione reato di adulterio, 1970 divorzio, 1975 riforma diritto di famiglia, 1978 interruzione volontaria di gravidanza con l’aborto assistito, 1981 addio al delitto d’onore, 2010 parità sul lavoro.
Era la festa.
La festa, infatti, si realizza quando interviene un evento gioioso per cui brindare e rallegrarsi, ma se si prendono in considerazione gli episodi di violenza di genere che avvengono in tutto il mondo, dai Paesi a noi più lontani sino alla realtà della nostra nazione, c’è proprio poco da festeggiare.
L’Italia è tra i 5 Paesi in Europa con il più alto numero di donne vittime di femminicidio, ovvero omicidio intenzionale nei confronti di una donna.
Questo fenomeno, che affonda le sue radici in una cultura patriarcale che non ammette alcuna emancipazione dai ruoli inferiori relegati alle donne, riempie tutte le pagine dei giornali e che riempiono tanti rotocalchi televisivi come qualcosa di “normale accadimento”.
Secondo i dati ISTAT sono circa 600 i casi di femminicidio negli ultimi quattro anni, ovvero in Italia ogni due giorni viene uccisa una donna per mano di partner o ex partner.
Relativamente al periodo 1 gennaio/3 marzo 2024 sono stati registrati 60 omicidi di cui 20 le donne vittime, 18 uccise in ambito familiare/relazionale.
Eppure GIULIA, 11 novembre 2023, doveva essere l’ultima! Per l’antropologa messicana Marcela Lagarde il FEMMINICIDIO esprime “la forma estrema della violenza di genere contro le donne, prodotto dalla violazione dei suoi diritti umani in ambito pubblico e privato attraverso varie condotte misogine, quali i maltrattamenti, la violenza fisica, psicologica, sessuale, educativa, sul lavoro, economica”.
Sicuramente l’analisi della Legarde non fa una piega, ma rimane l’interrogativo su come arginare il fenomeno, lo scatenarsi di questa violenza, di questo orrore che si agita maggiormente dentro quelle apparenti tranquille pareti domestiche.
Sicuramente è una questione culturale e dunque bisogna operare in modo capillare sulla società ed educare i giovani al rispetto dell’altro nelle relazioni interpersonali, scardinare la trappola del possesso, attivare una educazione all’affettività, ma nel frattempo questa società, fondata sulla sopraffazione dell’uomo sulla donna, si deve adoperare per proteggere e aiutare le donne che vivono situazioni difficili, più o meno palesi.
E’ necessario ascoltare le donne e le loro denunce, sensibilizzare l’opinione pubblica non spettacolarizzando i casi di femminicidio, bensì accogliendo proposte di legge a favore delle donne, attivare sportelli di ascolto per le coppie, osteggiare messaggi pubblicitari che propongono modelli femminili come oggetti di desiderio e possesso.
Lottiamo ogni giorno affinché l’8 marzo possa diventare un giorno di festa.
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