LE ODI
A cura di Ludovico Anastasi
LA PARABOLA
Improvvisa, inattesa saetta, in me stanchezza s’apre la strada. Mi scruta, mi scava, fa male come animale in fuga che cerca la tana. Sara’ un fatto di cellule che invecchiano, muoiono: l’intersecato declino. O perche’ di molto ho da essere perdonato, di molto ho da dare perdono.
L’UMANITA’
E ho messo il dito mignolo alla prova del mondo, posandolo sul tavolo, singolo. Ricorda l’esser mio solo appena fuori di casa con attorno molti cani che latrano.
CERTI AMORI
Improvvisi scoppiano nei precoci tramonti invernali. Sgomenti mettono ali a ricerca di albe. E’ in questi momenti di schermaglie d’ombra e di luce che il cuore cuce passioni e tace.
Dicono che prima o poi arrivera’ il freddo vero, ma non sara’ abbastanza perche’ le coste laviche la neve baci. Bisognera’ arrampicarsi sul vulcano. Lassu’ il paesaggio soddisfera’ l’umano desiderio d’esser felici almeno per un giorno, per qualche ora almeno, il tempo di una danza, prima che si torni a casa a moscacieca giocando.
DEL RELATIVO
Forse perche’ e’ poca questa vita, nel senso del vissuto, (dire povera m’inquieta), vado avanti a basso gaudio. Secondo gli umori il bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto (c’e’ chi sta peggio col bicchiere mai riempito), ma l’anelito no! Quello e’ assoluto.
PAURE
Era un atto di gioia, per chi mi fece da madre, pettinarmi, da piccolo, i biondi capelli. Poi, in una notte di spartiacque, attorno a me sognai, a cerchio, assembramento di streghe. Tornano, a volte, numerose e malvagie.
Ci vorrebbe una casa antica dalle spesse pareti e i tetti a volta per accogliere questa remota smania come le mani concave l’acqua a lavacro della fuliggine rappresa in faccia per indolenza e i non eretti steccati contro la nera noia che in questi vespai di case guardinga avanza in comodita’ assalendo l’anima gia’ sfatta. E non bastano le campane della chiesa, scoccando mezzogiorno, a girar la frittata, per tutti i santi giorni l’alfa e l’omega.
VENTO
Egemone, col suo linguaggio forte irrita i passeri saltellanti sui rami spogli, li confonde titillandone le ali, irride i nostri occhi sgranati dietro le finestre quasi ad implorarlo di calmarsi dopo lunga notte d’ululati, di messaggi beffardi rivelanti il nostro stare breve. Come noi, incauti quei passeri a non svernare in lidi eterni.
MINIMALE
Ah, questa voglia di volare alto, oltre al tetto, fino al cielo. Quante urla ho sentito intorno senza che nessuno abbia gridato. Ascendere a mezz’aria non fa traguardo, semmai delitto, come dire: peccato! Il cielo era nuvolo e tirava vento.
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