Avvento, Natale, Giubileo della speranza

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ITINERARI DELLO SPIRITO

A cura di P. Fulvio Moltisanti

Il significato liturgico dell’avvento nel suo aspetto più ovvio e naturale è la preparazione immediata alle festività natalizie, nelle quali la Chiesa fa memoria della prima venuta di Cristo salvatore tra gli uomini.

Questo periodo ci suggerisce allora atteggiamenti interiori del tutto particolari, come l’attesa, la fiducia e la speranza ma anche l’impegno e la perseveranza.

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Innanzitutto l’impegno inteso come strada da percorrere nella nostra vita quotidiana in modo serio, maturo e generoso, poi la perseveranza perché la tentazione può essere quella di cedere, di annacquare la propria fede per non compromettersi troppo, talvolta per debolezza, talora anche per comodità calcolata e superficiale. Perseveranza nella fede significa allora stare aggrappati a Gesù Cristo come all’unico Messia che può salvarci veramente dalla disperazione e dal nonsenso, come l’unico che non passa, l’unico quindi che non delude mai.

Impegno e perseveranza risultano così profondamente connessi e ci rivelano il senso dell’avvento non solo come cammino verso il Natale, ma più ancora come stile di vita che deve contenere la fondamentale dimensione della vigilanza. I genitori vivono vigilanti quando cercano di restare fedeli alla loro vocazione e al loro compito di educare i propri figli nel nome di Gesù. Il cristiano impegnato nell’ attività politica, civile o sociale, vive vigilando quando resta fedele alla sua vocazione di uomo e di cittadino, chiamato a interessarsi più del bene comune che del proprio tornaconto, più del vantaggio e del progresso dell’intera società che non della propria particolare cerchia di amici e di clienti. Chi è impegnato nell’attività didattica e formativa vive vigilando quando resta fedele alla propria missione di educatore, rispettoso della libertà di coscienza dei giovani affidati al suo magistero, senza diventare, o pretendere di diventare, padrone delle coscienze o dell’intelligenza altrui, senza plagiare nessuno attraverso le mode o le ideologie, considerandosi non fonte della verità, bensì tramite, strumento attraverso il quale la verità può raggiungere la coscienza e l’intelligenza dei suoi alunni. I ragazzi e i giovani ancora impegnati negli studi vivono vigilanti quando restano fedeli al loro importante dovere di prepararsi seriamente oggi nella scuola per essere domani adulti e cittadini responsabili e operosi, pronti ad affrontare i problemi della vita e capaci di risolverli quando saranno chiamati a operare. Insomma: essere vigilanti significa vivere con fedeltà cristiana la propria condizione personale, la propria vocazione.

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L’avvento ci fa riflettere, infine, che nessuna realtà di questo mondo ha senso definitivo, nessuna realtà ha un valore perenne, se non in relazione a Cristo: non è il denaro, non è la carriera, non è questa o quella ideologia, non è il benessere materiale che danno senso pieno all’esistenza. Bisogna , invece, stare con Gesù che è colui che viene, che mi raggiunge – lì dove sono – liberandomi.

Esso culmina nel Natale che è per tanti cristiani e no, quindi per l’intera società, il ritorno di una consuetudine largamente prevista. Una parentesi nella quale ci si prodiga a ritrovare i sentimenti dell’infanzia e le aspirazioni dimenticati da anni.

Il Natale cristiano, però, non è solo questo.

Il Natale è Dio che viene tra di noi per costruire l’uomo nuovo e il mondo nuovo, per costruire quella bellezza che sola salverà il mondo. La fede, ci ricordava San Giovanni Paolo II, non è solo un’appendice preziosa della vita, ma la verità definitiva dell’esistenza.

In questo contesto occorre riflettere, seppure brevemente, sul Giubileo che Papa Francesco avvierà la sera del 24 dicembre con l’apertura della porta santa della basilica di san Pietro e che è intitolato alla speranza. Essa non è – dice il Papa nella prefazione al volume di Antonio Grana “Giubileo della speranza” – un vago sentimento positivo sull’avvenire, non un’illusione o un’emozione ma piuttosto una virtù concreta che ha a che fare con scelte concrete. La speranza è sostanza e può essere un’azione sociale, intellettuale, spirituale e politica nel senso più alto della parola soprattutto oggi che il mondo sembra dominato da guerre e povertà.

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Non possiamo cha associarci alle parole del Pontefice quando si augura che il giubileo possa essere davvero l’occasione propizia per un cessate il fuoco in tutti i paesi nei quali si combatte perché dalla guerra tutti escono sconfitti. Anche per questo l’Anno Santo è rivolto a tutti, non solo ai cattolici o ai cristiani perché siamo tutti peccatori e tutti abbiamo bisogno di essere perdonati. Il perdono è quello che conta, il perdono di un Dio misericordioso, non vendicativo.

(P. Fulvio Moltisanti, dicembre 2024)