ATTUALITA’
A cura di M. Cristina Torrisi
Durante un piacevole incontro culturale organizzato dal Circolo Bohemien, abbiamo avuto l’onore di ospitare Padre Stefano Panebianco, ideatore e promotore di un progetto di formazione al lavoro che prende il nome di l’Orat-Orto.
Mossi dalla curiosità di saperne qualcosa in più, noi della redazione, abbiamo voluto raccogliere la testimonianza diretta di questo intraprendente uomo di Dio, poiché riteniamo doveroso trattare di argomenti edificanti per ciascun individuo.
“Qualche anno fa – ci racconta padre Stefano -, partecipai ad un convegno e, quindi, ad uno dei gruppi di studio organizzato all’interno dello stesso. La riflessione all’interno del gruppo di studio verteva sul problema “giovani e lavoro”. Arrivato ad un certo punto toccò a me offrire degli spunti di riflessione. Manca il lavoro? I giovani sono, giustamente, sfiduciati davanti a tanta incertezza? Bene, non sarà risolutiva, non sarà la proposta migliore ma penso che possiamo agire in maniera concreta: passando per le strade si notano distese di terreni abbandonati, terreni un tempo coltivati che permettevano di vivere a centinaia di famiglie: non c’è più niente… la crisi dell’agricoltura e, in special modo, la crisi dell’agrumicoltura ha cambiato il volto del nostro territorio. Proviamo a incoraggiare i giovani a riprendere il lavoro dei nostri padri. La Chiesa, giustamente, si occupa pure di problemi sociali e di lavoro? Bene, incoraggiamo un’ iniziativa del genere, mettiamo a disposizione di giovani volenterosi e preparati quanto serve per iniziare un attività agricola, una cooperativa dove si possa produrre, trasformare e vendere i prodotti. Se è necessario che si venda qualche terreno per creare un capitale con il quale iniziare: il limone sembra si stia facendo nuovamente strada sul mercato, così come la coltivazione degli ortaggi bio. Sono certo che da una parte tanta gente competente darebbe una mano, anche gratuitamente, dall’altra, tanti comprerebbero i prodotti dei ragazzi anche per incoraggiarli nel portare avanti un progetto bello e meritevole. Quando, a conclusione dei gruppi di studio, fu formulata la relazione finale, del mio intervento non fu citato niente. Non so perché ma un po’ lo immaginavo. Forse avevo espresso una idea troppo concreta, quando invece nei convegni a volte ci si limita a parlare, per poi raccogliere le relazioni, mandare in stampa gli “Atti del Convegno”, promuoverne la vendita, proporli come fonte di studio e riflessione, ecc… Quando nel giugno del 2015 si presentò l’opportunità di prendere in comodato d’uso gratuito un terreno di proprietà della diocesi, dopo aver riflettuto qualche giorno, chiesto qualche consiglio, vagliato per bene la proposta, ecco che non sono riuscito a rinunciare. Il terreno è in semi stato di abbandono? Bellissimo! Vuol dire che il progetto sarà ancora più entusiasmante. Parlo con i ragazzi, propongo l’idea: un progetto di formazione al lavoro, una sfida, riprendere degli alberi che hanno smesso di fruttificare da chissà quanto tempo. Cosa sarà necessario? Tanto coraggio, spirito di avventura e di sacrificio. Cosa possiamo produrre? Limoni e arance, ortaggi, frutta, marmellate, limoncello, mandarinetto. Quali obiettivi? Crescere e formare il carattere, conoscere se stessi, le proprie attitudini e proporre un mondo, per i ragazzi, nuovo: l’agricoltura. Saie in malta, muretti in pietra lavica, zappelli, alberi di ogni tipo, polvere, turni di acqua diurna e notturna, arnesi da lavoro, nel giro di qualche settimana tutto diventa sempre più familiare. Nel frattempo si avvicina una meta, un sogno: partecipare alla Giornata Mondiale della Gioventù, a Cracovia. Bene, con la vendita dei prodotti Cracovia può diventare una metà più “accessibile” anche e soprattutto per coloro che economicamente non dispongono della somma necessaria per pagare la Gmg. Si inizia, si lavora a ritmi serrati. Abbiamo a favore l’estate, per cui giornate più lunghe e meno impegni in parrocchia. Si lavora in uno spirito di sana letizia ma allo stesso tempo con grande impegno: liberato dalle erbacce, raccolti e bruciati i rami secchi, sistemate saie e conche per l’irrigazione. 8-10 ore al giorno di lavoro, 4 ore per innaffiarne circa metà, poi 6 ore, poi una notte intera. Il giardino si rinnova, i nuovi germogli e i fiori di zagara emanano un profumo inebriante e ci permettono di sperare. Nel frattempo nasce l’interesse di altri ragazzi, la collaborazione di persone specializzate di ogni età, lo spirito di sacrificio, la raccolta dei primi ortaggi e poi dei primi frutti, le marmellate, le bucce di arancia candite, e poi altri frutti e ancora il limone verdello e tanto altro. Resto dell’idea che il nostro è un progetto semplicissimo, molto più semplice rispetto a come si possa vedere dall’esterno. Mi auguro però che serva a spronare tanti ragazzi e ragazze che, vittime di un periodo storico poco felice, investendo con coraggio, caparbietà e voglia di fare, possano trovare gli stimoli giusti per costruire il loro futuro”.
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